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Intervista ad Alexander Flagella, stilista del marchio di moda Greta Boldini

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intervista a Alexander Flagella stilista Greta Boldini

Di Barbara Molinario

L’ottava collezione e il sesto show individuale per Alexander Flagella, fondatore, nel 2011, del marchio Greta Boldini assieme a Michela Musco, e designer del brand dal 2016.

Alex per gli amici, classe ’84, ha presentato sulla passerella di Altaroma la collezione autunno inverno 2017/2018 “Come Falene”.

Il nome del brand Greta Boldini nasconde molteplici sfaccettature, un marchio dall’anima dualistica: da una parte Greta Garbo, icona del cinema internazionale espressione di un elegante rigore formale, dall’altra Giovanni Boldini, il grande pittore, interprete della Belle Époque parigina. Due mondi che s’intersecano, che si scambiano creatività e contenuti.

Lavorazione sartoriale per una donna forte e determinata: Moderna, ma con un’allure rétro, fiera e regale, ma anche fragile e nostalgica”, così descrive i look che propone Alexander.

Oggi, Alexander Flagella lavora e vive in provincia di Torino, sua località natia, dove riesce a coniugare la passione per il suo lavoro all’amore nei confronti della natura, di fronte alla quale il designer ama affacciarsi in ogni istante delle sue giornate.

Questo mese sul magazine trattiamo il tema della fuga, però c’è anche chi resta, come te che non sei scappato, come fanno molti ragazzi in carriera italiani, ma hai deciso di investire il tuo tempo (ed i tuoi soldi) in Italia. Raccontaci la tua scelta.

Credo che il Made in Italy dia ancora molto di più rispetto ad altri Paesi… per la produzione, per la progettazione. Si attinge sempre da quello che si vede, e questo Paese offre bellezze da cui traggo ispirazione per le mie collezioni.

Tu hai partecipato ad un concorso, Who is on next nel 2013, e poi cosa è successo?

Il progetto Greta Boldini nasce a Roma, anche se io sono di Torino, dove oggi ho riportato lo studio. Vivo una fase dove mi sento molto creativo, anche per il fatto che adesso vedo la mia città nativa con altri occhi, ed è per me molto suggestivo.

La tua formazione però non si è svolta solo in Italia.

Ho studiato al Polimoda di Firenze, poi ho girato un po’. In realtà sono fuggito per un breve periodo, ma solo per formarmi, perché per me lo scopo è “fuggire per imparare”… e poi tornare sempre. Il mio primo lavoro dopo gli studi, infatti, è stato a Parigi, dove sono rimasto per un anno. Lì lavoravo in un ufficio stile di accessori di lusso. Poi sono tornato perché il mio sogno era quello di lavorare in Italia per un brand di lusso. L’idea del progetto Greta Boldini è arrivata dopo.

Quindi non sei partito con l’idea di un progetto tutto tuo?

Io ho sempre sentito la mia creatività e soprattutto la mia sensibilità, anzi mi definisco più sensibile che creativo. Sono sensibile verso il lusso, mi piacciono le cose belle, non necessariamente di tendenza.

Il lusso per te è il bello o il costoso?

Il lusso per me è qualcosa di non destinato ad una “sensibilità popolare”, diciamo così. Non deve essere necessariamente costoso, sicuramente non comune, ma addirittura un po’ nascosto, sottile ed elegante.

I tuoi abiti rispecchiano questo concetto di lusso?

I miei abiti rispecchiano più un concetto di eleganza che di lusso. Cerco sempre un’eleganza che si trasformi di collezione in collezione, anche eleganze diverse e nuove. Nelle collezione precedenti ho dato connotazioni diverse all’eleganza: una volta più selvaggia, un’altra volta più primitiva. In quest’ultima, ad esempio, è più opulenta.

Ti senti maturato?

Beh, ora sono passati un p0’ di anni, c’è più confidenza con il backstage, con il fitting e con la gestione di tutto il questo. Le prime volte ero più spaventato.

Ci metti meno tempo a realizzare una collezione adesso, oppure c’è lo stesso processo creativo?

Il processo creativo è lo stesso. Sono abbastanza metodico, nel senso che prima disegno la collezione, poi faccio la ricerca dei tessuti dandomi sempre delle scadenze. Quando si fanno abiti con una manifattura importante bisogna ritagliarsi il tempo che serve. Non si può sperare di fare una collezione fatta bene in poco tempo.

Quanto tempo ci metti a fare una collezione dall’ideazione alla passerella?

Da domani comincio a pensare alla collezione estiva, quindi diciamo che impiego sei mesi. Per fare quattro collezioni l’anno serve uno staff più importante; quando crescerà l’azienda aumenteranno anche le collezioni.

Il tuo target di clienti qual è?

Una donna sofisticata, colta, con la sensibilità non per la cosa facile o per la tendenza “roboante”, ma alla quale piace la cultura.

C’è una donna a cui ti ispiri quando crei una collezione?

Cambio di volta in volta, mi ispiro spesso al cinema. Com’è lavorare in Italia secondo te? Per certi versi è facile. A livello burocratico a volte è difficile, ad esempio per una startup. Confrontandomi con amici che vivono all’estero, loro le startup riescono a farle partire con 1 euro e con minore burocrazia, diciamo che in Italia è più complicato e pesante.

Tu hai accettato la sfida?

Eh… se si vuole fare del Made in Italy, non si può avere la cassetta delle lettere da un’altra parte, non è nel mio stile.

C’è un grande marchio che ti piace e che ti fa dire “quando sarò grande vorrei essere così”?

Ci sono ovviamente dei designers che mi ispirano, della generazione precedente alla mia Valentino, per quanto riguarda quelli recenti Pierpaolo Piccioli, ma anche Raf Simons, Fabio Filo, Marco de Vincenzo.

Se una nostra lettrice volesse un tuo abito, che cosa deve fare?

Per ora la distribuzione non è molto estesa, dato anche la manifattura pregiata, i costi sono abbastanza elevati, quindi vendo molto all’estero, negli Emirati e in Asia. Ci sono delle clienti private che vengono in studio e realizziamo insieme il look. Le tue lettrici le aspetto lì.

La cliente italiana è ancora quella più esigente?

Si, ma riesco ad accontentarle perché le conosco.

Ci proponi un outfit per le ragazze che stanno leggendo?

Il mio look preferito dell’ultima collezione: maglia di cashmere a collo alto con la gonna metà plissettata scozzese e metà di cashmere: è un gioco di tessuti di cui vado orgoglioso; è una bella composizione di lusso semplice con un tocco identificativo della collezione, quindi ne riassume un po’ la filosofia.

Dai un consiglio a un ragazzo che vorrebbe intraprendere la carriera da stilista?

Non “snobbare” il lavoro manuale, è molto importante. Bisogna conoscere bene i tessuti. Io per esempio faccio i fitting con il centimetro al collo. Comunque noi disegniamo capi di abbigliamento e non dobbiamo mai dimenticarcelo.

L’uomo non l’hai proprio preso in considerazione?

E’ sempre un discorso di crescita dell’azienda, mi piacerebbe e non lo escludo.

Visto su FNM magazine, per sfogliarlo clicca qui.


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