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Sylvio Giardina ci parla di VERTIGO, progetto presentato ad AltaRoma 2019

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Fra l’installazione e la performance, il progetto VERTIGO presentato da Sylvio Giardina in occasione di AltaRoma 2019. La couture viene mescolata alla Shadow Art, ovvero quell’espressione artistica che coinvolge lo spettatore con installazioni nelle quali oggetti tridimensionali vengono retroilluminati proiettando delle ombre dalle forme totalmente inaspettate.

Vengono, così, stratificati cristallo e tulle e ci si trova immersi in luci, suoni, ombre e volumi in una suggestione audio-visiva semplicemente magica. Il designer riprende, così, il mito della caverna di Platone, dove l’ombra è metafora della conoscenza sensibile e intellettiva. Ho avuto il piacere di intervistare Sylvio Giardina, che mi ha raccontato qualcosa di più circa il progetto VERTIGO.

Come mai hai deciso di presentare un’installazione al posto di una sfilata?

Volevo che il pubblico avesse un approccio diverso al lavoro dell’Alta moda e al mio in particolare. Quando si osserva un abito in passerella la percezione è immediata, veloce ma sfuggente. Non è possibile cogliere tutte le sfumature che stanno dietro al lato creativo. Con l’installazione, invece, l’approccio è immersivo, tanto da entrare nelle dinamiche del processo creativo. È come se si venisse rapiti dalla preziosità del dettaglio per comprendere, poi, l’importanza del fatto a mano.

Parlaci dell’ispirazione.

L’ispirazione è la fragilità, sia attraverso l’uso del bianco, nei cinque abiti che costituiscono la collezione primavera-estate 2019, che per l’utilizzo di materie delicate come il tulle e l’organza. Ho cercato di raccontare la fragilità dell’Alta Moda, mestiere antico arrivato fino a noi. Le mani sapienti che costruiscono un abito di Couture sono sempre meno. Non è come nel pret-à-porter dove il passaggio è rapido. Le nuove generazioni si rapportano lentamente al concetto di Haute Couture. Anche se c’è chi è ancora interessato al valore dell’alta moda.

Ti sei ispirato ad una donna in particolare?

No, non c’è una donna in particolare.

C’è un’icona alla quale vorresti far indossare i tuoi abiti?

Ce ne sono tante. Quella che mi intriga di più è l’attrice Isabelle Huppert, per la sua estetica contemporanea. Una Woody Allen francese per i suoi personaggi di riflessione. Mi piacciono le donne che interagiscono con l’anima e mi diverte la sua allure nevrotica-elegante con un pizzico di follia.

Cos’è la moda?

La moda è cultura. L’Italia dovrebbe rendersene conto, anche se ci sono personaggi che la sostengono e la supportano. Andrebbe trattata come in Francia, perché nel nostro Paese siamo soliti lavorare solo sul fronte commerciale. In realtà siamo famosi all’estero per il “bello e ben fatto” e questo non dobbiamo dimenticarlo.

La moda è arte? Per questo l’hai esposta? 

Sicuramente è cultura, dialoga con l’arte e con tutti i linguaggi. Attraverso il mio lavoro, ho sempre ricercato la contaminazione con l’arte contemporanea ma anche con il cinema. Nell’installazione “Vertigo”, visitabile fino al 28 Febbraio al Mattatoio di Roma, c’è la voglia di mettere a nudo il concetto di Alta Moda, esponendolo con la Shadow Art. Tutto studiato e non casuale.

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